Ma tu lo sai cos’è un gatto?

Ma tu lo sai cos’è un gatto?

Lo sai com’è fatto?
Ci hai mai giocato, lo hai rincorso, afferrato?
E ci hai parlato, lo hai accarezzato, magari contropelo
hai fissato i suoi occhi di cielo, col sole, col buio, col gelo
ti ha messo paura? E hai mai sentito i suoi artigli
nella pelle, e come ronfava d’amore, vero, quando
tu esattamente facevi quel che lui voleva?
Perché altrimenti non lo saprai disegnare, nemmeno
se io te lo spiego – un cerchio grande di sotto, e sopra
un cerchietto, due piccole orecchie appuntite, poi gli occhi
il nasino, e i baffi la coda le zampe – sembra tanto facile
ma quello che ne verrà fuori, per quanto tu faccia
per quanto tu provi, non sarà il tuo gatto.

Buon compleanno, maestra

Fine maggio. Qui nelle aule fa già caldo e i bambini sono stanchi e deconcentrati come ogni volta che si sente aria di vacanze estive.
Anch’io sono stanca: fare questo lavoro e mantenere lo stesso entusiasmo dei primi anni di carriera è faticoso assai.Nina si avvicina alla cattedra con fare circospetto, accompagnata da Sara, la sua amichetta del cuore.
– Maestra … quand’è il tuo compleanno?
– Il 23 novembre … – e le sorrido, mentre le affiora sul volto un’ espressione vagamente delusa. Nina è di quelle alunne che parlano pochissimo, chissà perché mi fa questa domanda.
– … E il tuo onomastico?
– Il 12 settembre … ma perché me lo chiedi?
– No, così …
– Sono già passati, sia il compleanno che l’onomastico – le dico sorridendo.
Lei annuisce con aria delusa e ritorna al suo posto, mentre Sara le sussurra qualcosa che non capisco; la lezione riprende.Passa qualche giorno e ho di nuovo lezione di inglese nella sua classe. Nina si avvicina alla cattedra, di nuovo accompagnata da Sara.
-Questo è per te, maestra. – E mi porge un pacchetto confezionato con cura. Sembrerebbe una penna, a giudicare dalla sagoma. In cima, la carta della confezione è stata tagliata in tante striscioline, e attaccato ad una di esse c’è un bigliettino ricavato da un foglio di quaderno e decorato con piccoli disegni colorati a pennarello. C’è persino un piccolo arcobaleno, tra i decori.
-Oh … grazie … – le faccio con aria stupita. Apro il biglietto e leggo: “Happy Birthday, teacher. Nina”
– Ma … oggi non è il mio compleanno! Non te l’ho già detto che è in novembre?
– Vabbé, non importa … quando verrà il tuo compleanno io non ci sarò.
Capisco subito cosa intende dire, ma Sara mi spiega: – Il prossimo anno saremo alla scuola media, Nina pensa che non potrà farti gli auguri … Apri il pacchetto.
Non ho parole, mentre torno a guardare Nina: sono commossa.
E’ una penna. Una pilot. Di quelle a quattro colori, coi pulsantini da spingere per far venire fuori le punte. Quando ero bambina ne avevo una a dieci colori, erano le prime con inchiostri diversi dal blu, dal nero e dal rosso che circolavano a quei tempi.
– Che bella, Nina! … Grazie. Ma la scuola media è vicinissima, e quando avrai un po’ di tempo libero potrai sempre venire a salutare, non credi?
Annuisce con aria indecisa. Forse si vergognerà troppo, forse non ci sarà la sua amica Sara a farle coraggio. Le stampo due baci sulle guance che lei ricambia con trasporto.

Strano, non avrei mai detto che Nina si fosse attaccata anche a me, che vede solo tre ore a settimana. In cinque anni non ha fatto che guardarmi e ascoltarmi in silenzio. E’ una bambina molto timida, però attenta, volenterosa… brava, anche. Ma non si mette in mostra, non sgomita, non manifesta i suoi sentimenti verso i grandi. Quand’è contenta glielo leggi negli occhi, quando si annoia cerca di non darlo a vedere, come se avesse paura di essere scortese.
Adesso è contenta e si vede. E anch’io. Abbiamo passato insieme un lungo periodo che è volato via in un attimo, e in quell’attimo Nina e i suoi compagni sono cresciuti, mentre io sono invecchiata. Dal prossimo settembre dovrò affrontare piccole pesti di sei anni: ci vorrà molta energia per mettersi a contatto con le loro teste e i loro cuori. E molta memoria per ricordare subito i loro nomi.

– Maestra, mi abbottoni i pantaloni, mi allacci le scarpe?
– Gianmarco mi ha spinta, voglio la mia mamma!
– Lo sai che ti voglio bene?
– Bene, Roberto, tu adesso te ne stai lungo disteso sul pavimento e fai i capricci, ma io non ti tiro su … Quando penserai che è il momento, ti alzerai da solo e tornerai al tuo posto.

Occhi, volti, mani, sorrisi, smorfie: mi sfilano davanti generazioni di bambini, e ognuno ha un nome e una storia.

Però il passato si dissolve, mentre rimetto a fuoco il volto di Nina che mi sorride dal suo posto: la pilot multicolore che stringo in una mano è una bacchetta magica rigenerante che mi riporta nell’adesso.
Sulla scrivania è già pronto il lettore cd; mi alzo e inserisco la spina nella presa.
– Allora, ricordate la storia? Siamo i cavalieri di Camelot e canteremo la canzone per il nuovo re.
Prendo dalla mia borsa il cd, lo inserisco nel lettore.
– Posso fare il cavaliere rosso?
– D’accordo, Gianluca. E tu, Maria Paola, sarai Rowena.
– Ma dopo io voglio fare il cavaliere nero, teacher, quello cattivo!
– Sì, Gianluca … But now … Stand up, please!
Premo il pulsante “play” e dopo qualche secondo si sente la voce dello speaker comandare: “Sing the knights song!” … Poi parte una musica gioiosa.
E ho anch’io dieci anni, mentre marciamo cantando tra due file di banchi che, come me, hanno molto vissuto.