Eccomi qua, rinchiusa come al solito in un box puzzolente. Dicono che sono un gioiello della meccanica, che valgo molto, che sono stata costruita per correre, per vincere.
Quel tipo strano che mi guarda compassionevole mi fa tenerezza. E’ il mio meccanico e non mi perde di vista un secondo. Ogni tanto mi si avvicina, finge di ispezionarmi con aria professionale e intanto mi parla con tono carezzevole, come un innamorato.
“Ehi, svitata! Te la do io una regolata ai bulloni, se non metti la testata a posto da sola!”, ridacchia affettuoso.
Da quel che capisco il mio destino è segnato. Il pilota giusto l’altro ieri gli ha detto che non conviene perdere altro tempo con me, e che è stufo marcio delle mie bizze. Il mio meccanico teme che i padroni della baracca decidano di rottamarmi, “benché sia un vero peccato”, a suo dire. Mah …
Non capisco perché mi chiami svitata. So soltanto che non ho intenzione di passare il resto della mia vita rinchiusa in questo angusto garage, insieme a mostri rombanti che non hanno altra prospettiva che quella di essere chiamati a girare in tondo lungo un anello di asfalto, giocando a fare a chi è più bolide.
Sgommano, sfrecciano, fanno un casino del diavolo: mi si ingrippano i pistoni solo a pensarci!
Che ci faccio io tra loro? Boh! E poi… che senso ha correre lungo una pista che non ha vie di uscita? Che significa tutto questo correre? E dove porta?
Quello che so è che sulla pista dove anch’io dovrei sfrecciare è tracciata una linea su cui è scritto TRAGUARDO. Ci passi tante volte sopra e non succede nulla. Credo ci sia qualcuno che conta le volte che sei passata su quella linea, ma non so spiegarmi perché. Ad un certo punto, il primo mostro rombante che passa sul traguardo “vince”. Ma vincono anche il secondo e il terzo, sia pure con meno clamore. Hanno disputato una gara di velocità. Il primo vince da primo, il secondo da secondo e il terzo … vabbè, vince da terzo, contento lui. E cosa si vince? Una coppa grande, una di media grandezza, una piccola, e fin qui mi è chiaro. Ci dev’essere anche un po’ di denaro tra i premi, ma non si vede. Invece si vede sempre una bottiglia di champagne da spruzzarsi addosso.
I piloti impazziscono di gioia se ricevono la coppa più grande. Perché? Mica lo so … Sul podio agitando le coppe festeggiano insieme al primo pure il secondo e il terzo, mentre si fanno reciprocamente la doccia con lo champagne e si mettono in posa per le foto. Roba da matti, no? Invece secondo il mio meccanico la svitata sarei io …
Mi dispiace per il mio pilota. E’ sempre molto incazzato con me. Sostiene che non rispondo ai comandi. Sarà così, ma … perché dovrei? Mi farebbe girare in tondo per ore ed ore. Non sarebbe giusto, io non voglio!
Appena il custode si distrae me la svigno. Mi dispiace pure per lui. Avrà delle rogne ma non posso fare diversamente. Me ne vado in giro per i fatti miei. Lentamente. Scelgo le strade meno frequentate, i posti più sperduti. Scelgo di andare piano. Voglio conoscere il mondo là fuori. Voglio incontrare le auto che non hanno fretta, quelle che non fanno gare di velocità. Voglio tenere i giri al minimo, per non disturbare i piccioni che tubano tranquilli. Sono già riuscita a liberarmi. L’ho già fatto, ma mi hanno sempre riportata qui.
Perché mi notano tutti, rossa come sono! Dicono che sono una Ferrari e mi guardano come un miracolo. Cacchio, sarebbe stato meglio essere una Cinquecento!
Ci riproverò: non mi rassegno a questa vita infame. Ci riproverò e ce la farò, stavolta. Anche conciata così, con questa carrozzeria che mi penalizza e questo motore che non vuole saperne di andare piano. E che fa troppo rumore per nulla.