Sinfonia della Terra

LUX in FABULA – RIONE TERRA 1968 – “Sinfonia della Terra” di Lorenzo Lamagna; “A Serenata d’ ‘o marenar” di Aniello Califano – Salvatore Gambardella, 1903; “Se po sunà” di Gianni Lamagna – Musiche eseguite da Lorenzo Lamagna (clarinetto) Gianni Lamagna (chitarra) Giosi Cincotti (fisarmonica) Arcangelo Michele Caso (basso). Riprese sonore Arcangelo Michele Caso.

La prima volta che sono ‘salita’ al Rione Terra, nei primi anni ’70 del Novecento, la rocca era già disabitata, ma ancora accessibile.  Ho attraversato i vicoli deserti insieme alle mie compagne di scuola e qualcuno, dall’alto di un balcone pieno di sterpaglie, ci ha lanciato addosso un porta-sapone di metallo, col chiaro intento di mandarci via. Eravamo un gruppo di ragazzine e siamo scappate. La seconda volta tutti gli accessi al Rione erano sbarrati, ed era il 1984. Lo so perché la vista di un muro che impediva l’accesso al Sedile di Porta, l’ingresso principale al Rione Terra, mi spinse a scrivere questi ‘versi’.

Rione Terra

Un giorno quasi per caso
percorro una strada in salita
E in cima trovo un muro
di cemento armato
una barriera insormontabile
che preclude l’accesso

(A cosa mai servivano tutti quegli uncini
quei cocci di bottiglia lassù in alto
se non a separare la mia gente
dal gusto antico delle sue radici?)

Nel muro
ben serrata
una porta di ferro

Oltre il muro tutto un mondo vuoto
ormai privo di voce
occhi neri di finestre spalancate
come spettrali bocche stupite
e balconi infestati di erbacce
orfani di danze di panni stesi

E’ in scena il silenzio spettrale
di un palcoscenico deserto
Brandelli di tende al vento
desolato sipario

(Giaceva dimenticata
chissà in quale tasca
in quale testa smemorata
una chiave)
(1984)

N.d.A.
Il Rione Terra era il cuore antico della mia Pozzuoli. Fino al marzo del 1970 pulsava di vita, poi fu evacuato e recintato, dopo una crisi di bradisismo che fece sollevare il suolo del mio paese di circa due metri. Da oltre trent’anni aspetta di essere restituito alla memoria dei Puteolani, che nel frattempo sembrano averne dimenticato l’esistenza. I lavori di restauro, iniziati da molto tempo e non ancora conclusi, hanno portato alla luce un patrimonio archeologico di valore inestimabile, sepolto da duemila anni sotto il dedalo di vicoli e di palazzi che vi sono stati costruiti sopra. Sono stati individuati e resi visibili i tracciati delle strade, i resti delle case e delle taberne, persino le macine e i forni che fornivano la farina e il pane agli abitanti della Puteoli di epoca romana. In un futuro ormai prossimo, almeno si spera, il Rione Terra sarà aperto interamente al pubblico. Già adesso, in determinati periodi dell’anno vi giungono visitatori provenienti da ogni parte del mondo e alcuni palazzi vengono utilizzati in occasione di eventi culturali quali mostre, convegni e spettacoli. E’ da escludere un rientro della popolazione nei palazzi restaurati, che diventeranno uffici del Comune, sedi di associazioni culturali, locali per mostre ed eventi culturali.
Se volete saperne di più, e magari organizzare una vacanza che includa un tour nei Campi Flegrei e una visita a Pozzuoli, potete documentarvi utilizzando un qualsiasi motore di ricerca. Scoprirete che nella mia terra vi sono vulcani, solfatare, acque termali, monumenti archeologici di eccezionale importanza come l’anfiteatro Flavio e il Tempio di Serapide, e anche la nuova Pompei della Campania, sotto il Rione Terra.

(2003)

Scrivo una poesia per la pace

Scrivo una poesia per la pace

quando sono troppo esausta
mi fumano tutte le dita dei piedi
bruciano così tanto da non crederci
e mi dico che ce l’ho fatta, sì!- e che
anch’io ho marciato per la pace, in silenzio.

Scrivo una poesia per la pace
quando mi sento folle d’amore
la scrivo nel momento sbagliato
mentre qualcuno mi muore
proprio quando scoppia una guerra
che – guarda – non era davvero il caso.

Scrivo una poesia per la pace
quando sto esplodendo di gioia
e intanto un tizio progetta ordigni
la morte riempie la pancia di un caccia
e bombe chimiche regalano sonni eterni
ai corpi dei Mustafà bambini.

Scrivo una poesia per la pace

quando l’economia si rimette in moto
le borse vanno su, i venditori di armi
fanno affari d’oro, fottendosene dei cani
dei gatti, di tutti i cuori infranti
magari pure del mio, del tuo, di quelli
che non faranno più in tempo a incontrarsi.

Scrivo una poesia per la pace

quando ho bisogno di starmene tranquilla
intorno a me ronza un calabrone
sulla mia testa c’è un sibilo che inquieta
e una scia sfregia l’azzurro di bianco.

E scrivo una poesia per la pace

quando porto a spasso il cane
un merlo allunga un verme al pulcino
il cielo ha appena smesso di piovere
e tutto intorno ride e scintilla.

Nessun addio è per sempre

 

 Nessun addio è per sempre

***

La sposa di Chagall mi ha sorriso ammiccando
dalle pagine di un libro di storia dell’arte
molto prima del nostro incontro, a Roma
Presto -mi ha detto- ti sto aspettando
afferra l’altra mano dell’uomo mio
ché insieme lo tiriamo un po’ su

Monto in groppa a cavalli annegati di rosso
e vengo, le ho fatto io E lei è volata più in alto
come sospinta dal calore di un pensiero improvviso

Posso aspettarti per l’eternità, ma tu sei già qui
lo sai

*

Ad Amsterdam c’era il mondo di Andersen
sotto un portico, nel suono di fiaba di un flauto
traverso che lasciava scie indelebili sulla pelle

C’era Anna Frank con me quella mattina
a rammentare che i divi di Hollywood
non sanno nulla di nerofumo e di camini
quando i corvi di Van Gogh hanno riso di nero
aprendosi alla nuda follia di uno sguardo
mentre in strada un italiano mentiva di leoni
per cuccare turiste, e ad Homolulu una donna
coi baffi baciava una donna senza baffi

A Volendam abbiamo passeggiato e tu non c’eri
tra i cigni indifferenti e le tendine di pizzo
e i gerani riflessi nei canali Avrei voluto dirti
di quel mondo pulito, forse te l’ho raccontato
in cartoline mai spedite E tu eri seduto, mi pare
ad ascoltare, all’ombra di un carrubo.

*
E poi la spiaggia di Bournemouth mi ha taciuto
di tunnel sotto la Manica e rotaie, e il parco
cittadino mi ha concesso una sdraio e il gaio
chiacchiericcio che fanno le bande, nelle rare
soleggiate domeniche di luglio inglesi

A Land’s End ho visto tramontare il sole
e tu eri con me, sconosciuto, nella voce
di un artista di strada che suonava hey,
mister Tambourine Man! E a Londra
la National Gallery non voleva cedermi
ai tubes metropolitani, io non volevo andar via
ché i percorsi mi irretiscono, e stabilivo rotte
Era tutto uno stridere di tacchi e di occhi nei viali
di periferia Era la solitudine tra la folla, il piacere
di sentirsi invisibili Ma ci ho ritrovato un amico
che già mi aveva scritto Sayonara su un pezzo di carta
azzurro, e ci aveva deposto un piccolo fiore giallo

– Credevo che non ci saremmo più rivisti, sai?
Allora ho capito che nessun addio è per sempre

*
I giochi di luce della cattedrale di Strasburgo
li ho conservati nel petto con le bambole di pezza
esposte nelle vetrine di una Metz che non ricordo
E un piccolo cimitero nel Beaujolais, un fazzoletto
di croci alla sommità di una collina, ha reso grazie
alla vita Ci sono entrata in silenzio, non ho fatto altro
che tirare un lucchetto Seppelliscimi qui, ho pensato
dove all’ingresso del paese il pisciatoio ricorda
che il vino rosso fa buon sangue, come ben
sanno i visitatori delle caves Le onde dei vigneti
mi hanno mostrato orizzonti a perdifiato E tu eri
oltre ogni orizzonte, a mangiar pane e noci

Chissà se crepitava la fiamma del camino, chissà
se tu ignoravi ancora di esistere o esistevi

*

Ma prima, la Monnalisa mi ha parlato di sé, al Louvre
e non ha più segreti adesso quella strana donna
Mi ha sussurrato che le somiglio tanto nella leggerezza
dell’ironia come nella sapienza dell’attesa, che un folle
ci spiccherà dalla tela prima o dopo E ad Avignone
au Palais des Papes, l’uomo che pensa di Rodin
mi ha detto che pensavo i suoi pensieri

Gli ho fatto una carezza sulla mano, in silenzio
e non ho avuto alcun dubbio che avesse ragione

Era a te che pensavo, senza sapere di te

*
E adesso mi scruta sorniona una Maja
desnuda Sembra nascondere una perla
nella conchiglia impenetrabile del ventre
Mi schernisce, ehi al Prado ti è stato già
riservato il biglietto Ma, se non dovessi
arrivare in tempo -sorella- scattati
una foto della fica col cellulare e inviamela
che voglio mostrarla ai turisti del futuro

La fisso perplessa, le rispondo a caso
Non sono sicura di volerlo, però mi tenti
Se ci dovessi pensare studierò le pose

avrò il ventre s_chiuso di una conchiglia
e una perla celata al tuo sguardo beffardo

***

Il ventre schiuso di una conchiglia