È Pasca e ì stongo ccà

È Pasca e ì stongo ccà

comm’a na pastiera tropp’arœce

ca te fa amara ‘a vaocca

nu casatiello scriscetato

nu panettone ‘i zeucchero

nu poc’ ammazzarreuto

e pure miez’ abbruciato.

È Pasca e ì stongo ccà

comm’a n’uov’ ‘i ciucculata

c’ ‘u róumpe, e nun ce truove

nient’ ‘a róinto.

Stongo cuntenta comm’ a nu frungióillo

chiuso ‘nt’a ‘na cajaola

E comm’a jóiss’ ì canto.

(#dialettoputeolano, 2004)

Traduz. È Pasqua ed io sono qui

come una pastiera troppo dolce

che ti fa amara la bocca

un casatiello afflosciato

un panettone di zucchero

cotto, mal lievitato

e pure mezzo bruciato

È Pasqua ed io sono qui

come un uovo di cioccolata

che tu rompi, e non ci trovi

niente dentro

Sono contenta come un fringuello

chiuso in gabbia

e come lui io canto

Prologo e aborto di una biografia non autorizzata

Foto di Genny Casella
Foto di Peppe Del Rossi

“Maruzzella T nacque un 23 novembre di tanti anni fa a Largo del Rosso. E, come la maggioranza dei neonati di quell’epoca, nacque di parto naturale. Tutti i bambini nascerebbero ancora come lei, se oggi si potesse nascere di parto naturale.

Era un fatto normale, a quel tempo, nascere di notte. E tutti i giorni della settimana erano buoni, e tutte le ore della notte. Mentre oggi è naturale che i bambini nascano di lunedì mattina, verso le dieci e un quarto, quando il ginecologo che deve praticare il taglio cesareo torna in ospedale o in clinica dopo il week-end.
Maruzzella T, dunque, nacque a mezzanotte e dieci, di sabato.
Fin qui nulla di rilevante, penserete voi. In ogni caso, nulla che giustifichi la redazione di una biografia, che di solito viene scritta per autori di ben più chiara fama. In quanto sua biografa ufficiale, io però non ho alcuna esitazione nel sostenere che vi sbagliate di grosso!
Secondo il racconto della Madre, infatti, dopo la sua nascita “s’arrevutatte ‘u vóico!”, nel senso che ci fu una piccola rivolta della popolazione di Largo del Rosso, paragonabile a quella che si era verificata quasi venti secoli prima, in quel di Betlemme.
A parte la differente condizione dell’essere femmina invece che maschio, dell’essere la settima di otto figli invece che primogenito e unigenito figlio di Dio e dell’essere figlia naturale di un pescatore invece che figlio putativo di un falegname, tutto il resto era infatti terribilmente somigliante.

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Litania puteolana

Stóncö stancä*

m’abbruciä nu ciancö
më cioncö e më stèngö
chiù fammä nu’ ttèngö.
Mo ‘a vèstë j’ ‘appèngö
‘a fruttä ‘nt’ ‘a räóngö
â festä nu’ bbèngö
më vac’ a cuccà

chiù nu’ mmë ‘ncuità!

——

*stanca: licenza poetica. nel mio dialetto direi ” Stónc’ accésä ”

Traduz. Sono stanca/ mi brucia un fianco/mi paralizzo e mi stendo/non ho più fame./Ora appendo la veste/ non ti do la frutta/ non vengo alla festa/vado a coricarmi/ più non mi seccare!

È qui che sono nata, in novembre

Sono nata una notte in un posto incantato, un posto dove il tempo era fermo e la magia si tagliava a fette.

Si chiamava, e si chiama tuttora, Largo del Rosso.

Era un luogo pieno di bambini, di giochi, di vecchi che raccontavano storie; era un mondo pieno di gente che parlava. Era un vicolo a forma di cortile, il cui ingresso era nascosto a quelli che non avevano occhi per vedere, ed era come una grande casa per tutti quelli che l’abitavano.

È lì che ho imparato la poesia, perché la respiravo. Era nelle voci delle donne che intrecciavano cunti* e nenie mentre insieme preparavano conserve; era nelle voci dei bambini, che giocando si tramandavano filastrocche e conte; era nelle voci dei venditori ambulanti, che lanciavano i loro richiami; era nella musicalità araba del dialetto che parlavo e che ascoltavo, ricco di parole per dire ogni cosa.

Era nell’aria, nel profumo dei glicini a marzo, nel tubare tranquillo dei colombi, nelle stelle della cintura di Orione (“Quanno accumparene i tre fratielle, allestiteve i capputtielle!”**) che annunciavano la fine dell’estate; era nei riti che si ripetevano uguali, segnando il cambio delle stagioni.

Era nei colori, nelle forme che assumevano le cose, era il ritmo che mi formava e che mi nutriva di sé. Da lì sono partita, ed è lì che torno, quando la Poesia mi scorre dentro.

 

Note

* racconti

**”Quando compaiono in cielo “i tre fratelli” (le stelle della cintura di Orione) preparate i cappotti!”