Un ponte, ma anche l’esplosivo che i ponti fa saltare.
Un muro, una barriera, una porta sbattuta in faccia, un nodo che non si scioglie.
Un gioco, un salvagente, una mano tesa, un sorriso – la terapia contro il dolore di vivere.
Lo sguardo che ci tiene insieme – noi così diversi, così distanti, così sconosciuti gli uni gli altri, così soli.
Un suono che ci riconduce a casa, che ci fa armonia; la dissonanza in cui ci specchiamo, che ci spiazza.
Ciò che di noi rifiutiamo, da cui ci siamo allontanati o in cui ci tuffiamo per riconoscerci. Riemergendone bagnati di nuova consapevolezza.
Una via, il viaggio, una coperta sempre troppo corta e, insieme, la scoperta che immaginiamo debba salvare il mondo.
Un cataclisma, una furia devastatrice, oppure una pausa di luce tra la devastazione in atto e quella prossima a venire.
Un amore a cui siamo rimasti fedeli per l’intera vita, l’unico che sia rimasto sempre ad attenderci – anche mentre eravamo vivi, e ciechi e sordi e muti – e l’unico sempre disposto a riaccoglierci senza chiedere spiegazioni.
E quando la cerchi si fa sempre trovare. Come qui, tra le pagine di un libro:
<<“Con permesso, don Federico, un momento solo!” esclamò Vincenzino Aurispa, quasi toccando con le sue nere dita le labbra del vecchio bidello. “Vi giuro che questo trucco mi fa dannare! Spiegatemi un poco: don Giove c’era o non c’era nella nuvola?” “Era Giove l’intera nuvola! Era fumo, era vapore dalla testa ai piedi!”
” E scese raso terra? O con un forte vento sollevò Io, cioè lei, fino a lui? Come si regolarono, parliamoci francamente, per stare cuore a cuore tutti e due?“
“Non si sa, è poesia.”
“Son indeciso se credervi o no, don Federico. Giove non si poteva travestire in qualche altro modo? Riusciva lo stesso nell’intento, anzi meglio, se diventava una mosca, o una pulce.”
“Non sarebbe stata poesia.”
“Caro don Federico, ma allora che imbroglio è, la poesia? Qualunque esagerazione, qualunque errore voi dite ‘poesia’ come si dice ‘indumenti’ alla dogana, e passate senza aprire la valigia?”
“Esattamente. La poesia è una fiducia completa, impossibile a descrivere. Se una poesia ti chiama ladro o becco tu rispondi: ‘Sissignore, servo vostro’ e rimani contemporaneamente disperato e felice. Intendiamoci bene, con la poesia non si ragiona; la poesia è il settebello di ogni fatto avvenuto, di ogni pensiero pensato e di ogni vivo vivente … avete capito?”
“No, ma pazienza” sospirò don Alfredo Tescione. “Si vede che la poesia è un mistero.”>>
(da:”Gli alunni del sole”*, Giuseppe Marotta, ed. BUR Rizzoli)
*Una sorta di mitologia greca rivisitata con spirito tipicamente napoletano e raccontata a puntate da un ex bidello ai ‘pezzenti’ suoi amici, tutti accomunati dalla curiosità di conoscere amori, imbrogli, tradimenti e battaglie degli antichi dèi, nei quali rivivono le proprie umane vicende. Napoli che diventa regno della fantasia e del ‘favoloso’, descritta in pagine memorabili. Vi consiglio di leggerlo.