Ripropongo questa poesia scritta nel 2004. La foto in bianco e nero ritrae mio padre e mio fratello Leonardo ed è stata scattata tanti anni fa da Giulio Gentile, una sera che i due si imbarcavano per andare a pesca. La banchina era molto alta sul mare a causa del bradisismo, e imbarcarsi richiedeva buone capacità acrobatiche. Mio padre aveva superato i settant’anni, all’epoca, e avrebbe smesso di fare il mestiere dopo poco tempo…
Si scrive di quel che si perde
di quel che non si è mai avuto
– due braccia forti e un tango –
di ciò che non si è pescato
di maglie da cucire sotto il sole
e della rete di una vita intera, bianca
tinta di ruggine. Si scrive delle squame
del sale che si asciuga sui calzoni
degli stivali in gomma nella melma
e delle notti cupe sopra il mare
quando si aspetta l’alba. Quando si va
per porti e per mercati, dentro la nebbia.
(16 marzo 2004)
è bella…e sa di mare arcano…
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Grazie 🙂
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🙂
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E’ davvero bella!
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