Riflettendo su una poesia di Pier Maria Galli …
sta negli anfratti e sull’orlo degli abissi, sta sul crinale, sta nei meandri della mente. sta sui sentieri, lungo le sponde dei torrenti. sta nei dizionari, nei luoghi comuni rivisitati con occhi nuovi. sta ai margini, tra i deformi e gli storpi. sta nei giochi, seri, di chi usa come giocattolo le parole e con quelle si diverte. e sta dove le parole uccidono più delle guerre, sta dove le parole esplodono, dove le parole fanno ponti o li distruggono. sta dove si lanciano sassi in uno stagno, sta nello stagno tra le rane e le ninfee. sta dove la gente muore, dentro la gente che muore, dentro il corpo che ama dentro la mascella che si contrae, tra la gente che fa la pace o che la pace sbrana. sta nei manicomi, nelle scuole, nei teatri. sta persino nelle discoteche e nelle fogne. sta sulle foglie, sta nel glicine abusato. sta sotto cumuli di monnezza, tra le miriadi di mosche e di insetti molesti, sta tra le blatte o i topi che infestano gli scogli, sta tra gli scogli e i ricci di mare, con l’acqua vapore e dentro e sopra e sotto: nella salsedine e nella ruggine. inconoscibile, indefinibile, inafferrabile. sta seduta su una sedia, è la sedia in cammino. sta nel vento, nelle spore che colonizzano i deserti, sta nelle scie chimiche e nei pozzi di petrolio. sta tra i bidoni di scorie adagiati nella quiete dei fondali. sta nei musei, sta raccolta ad ammuffire. sta tra i ragazzi che si baciano all’alba, tra i vecchi che fanno all’amore ad ottant’anni, e passa. sta dove tutto passa e nulla dura, e sta tra le cose che durano, dure a morire. inutile, senza speranza, velenosa. come uno schiaffo ben assestato quand’è ora, come uno sputo, come una bestemmia. necessaria. sta come il pane caldo quando hai fame.