2. Zi’ Assunta ‘a Turdéja

Due Sarachelle, zi'Assunta e zi' Filumena, con gruppo di pronipoti, ragazzi e bambini del vicolo
Zi’Assunta (delle due vecchie Sarachelle, quella a destra) e zi’ Filumena, con gruppo di pronipoti, ragazzi e bambini del vicolo. La ragazzina coi capelli lunghi seduta accanto a zi’ Filumena sono io, la Maruzzella già cresciuta del cunto.
Zia Assunta, la sorella sorda della nonna, le aveva raccontato invece tutta un’altra storia a proposito del soprannome di famiglia.
-Zi’ Assu’, pecché ve chiammeno Sarachèlla?- le aveva urlato Maruzzella, parandosi davanti alla prozia sdentata e sillabando lentamente ogni parola, affinché quella potesse leggerle sulle labbra.
Maruzzella sapeva che zia Assunta non era nata sorda e che lo era diventata con la vecchiaia; ignorava però che, dopo molti anni, aveva preso a parlare come i sordi che sono nati così, e soffiano la voce dalla gola. Quel parlare di gola, a lei sembrava espressione di un grande talento naturale, tanto che spesso si provava ad imitarla. Continua a leggere

1. Le sorelle Sarachèlle

1. La nonna Teresina, ovvero la Sarachèlla Befana, e le sue sorelle.

Fu perché non poteva giocare ad acchiapparello né a singo, e anche perché saltare alla corda era un’impresa per lei impossibile, che Maruzzella imparò a guardarsi attorno e ad andare a caccia di storie da ascoltare.

Quand’era molto piccola gliele raccontavano la vecchissima nonna paterna, Teresina, e le di lei altrettanto vecchissime sorelle, zi’ Assunta e zi’ Filumena.
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Ballata per Gina

Allora presero la Gina, che in fondo
era solo una puttana, ma era la mia donna
da sempre, dalla vita di prima

e le squarciarono il ventre con un colpo
deciso, poi le sputarono in faccia
e la cucirono tutta con spine di rosa
e lei

lei si lasciò fare ogni cosa
ogni cosa

E mentre la uccidevano si mise a pensare
a come sarebbe stato bello arrivare a Natale
impacchettare i suoi sogni
metterli sotto un abete
e disporre i pastori nel presepe
Ci avrebbe messo pure Pulcinella
seduto sulla botte, pensò che brutto
morire stanotte
che non è ancora inverno
e non ho ancora trovato
un biglietto d’amore tra i sogni
e le bollette scadute.
Ci vuole tanto tempo prima che fiocchi la neve
e avevo teso le braccia, volevo volare
volare una volta ancora, provare…

Questo pensò la Gina mentre moriva
e me lo disse di notte quando già dormivo
e non sapevo di lei, del suo sangue versato
del suo sguardo incredulo, del vestito macchiato
di quel piccolo sasso che stringeva in pugno
ed era amore per me, che ero sempre via
il suo amore per me che non c’ero da troppo
e dormivo, e nulla di nulla sapevo

E dopo quei bastardi la lasciarono a terra
nuda e già dissanguata, e se fossero accorsi
i gendarmi, più presto, non sarebbe finita
perché faceva caldo in quella strana estate
che lei poteva cambiar vita e invece no

Ed è così che è andata signor commissario
non mi porti in galera
perché io Gina l’amavo, l’amavo
ma non c’ero da troppo, davvero.

 

 

 

dall’elenco delle cose postate su “Apostrofo” (www.apostrofo.com) ricavo questo dato:

Titolo: Ballata per Gina
Data: 2/4/2005, 15:59